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[Sturm Greif] Come Folgore dal cielo.
#30
XXX

Lo stordimento degli eventi recenti era ancora presente, ben lontano dallo scemare. Sturm non voleva altro che rilassarsi sul letto, bevendo un pò di birra e divertendosi a provocare l'insensibile Sitkah.
Quest'ultima quello stesso giorno aveva deciso di non prendere parte alla spedizione nei dintorni e oltre Peldan's Helm. Troppi sconosciuti, diceva, era una questione di fiducia e affiatamento.
Sturm non disse niente, più volte aveva fatto della necessità virtù, affrontando nuove esperienze in compagnia di perfetti sconosciuti. Tra mercenari era così: poteva esserci qualche nome conosciuto preceduto da una fama e storie conosciute in più posti ma nella maggior parte dei casi si finiva in mezzo ad una massa di persone totalmente nuove. 
Lui non disponeva del lusso di poter scegliere la propria compagnia, si adattava senza fare troppe storie, accettando il sacrificio di combattere a fianco di ignoti compagni d'arme nella speranza però di poter puntare a qualche cospicua ricompensa.
Cinismo ed opportunismo legati intrinsecamente tra loro.

Non era neanche tipo da correre dietro a qualcuno per convincerlo a far qualcosa. Sturm si limitava solo a dire la propria opinione, esprimendo con spontanea freddezza ogni suo punto di vista, che fosse errato o meno. Lasciava poi tutto nelle mani della Morrighan, la Signora Destino, altrimenti conosciuta anche come Beshaba sul continente, attendendo che il fato si compisse.
Per di più davanti a certe scenate che reputava insulse diveniva a dir poco insofferente.

Tuttavia al rientro era sicuro avrebbe dovuto confrontarsi con Sitkah. 
Erano soliti fare così, scambiarsi opinioni, provocandosi a vicenda senza giri di parole. La stava conoscendo in qualità di persona fidata e compagna di ventura molto capace. Lo stesso si poteva di Fjolnir e di Renfri stessa, la quale secondo Sturm aveva veramente deciso di sacrificarsi, esponendosi come aveva fatto tempo prima, concedendo una fiducia immane a chi le stava intorno.
Di quel trio ammirava l'affiatamento in battaglia e la determinazione nell'affrontare le situazioni più impervie, ma in altre comunissime occasioni non aveva che critici rimproveri da elargire. Ma si vedeva bene dal dispensarli apertamente, ci voleva niente ad accendere la miccia della permalosità, inoltre lui non era che l'ultimo arrivato, un elemento che cozzava aspramente con tutta la filosofia del gruppo di cui comunque riconosceva la forza. 
Questo gli dava una sempre maggior consapevolezza dell'affinità che aveva invece con Aslaug. L'affascinante cacciatrice aveva dei difetti come ogni essere vivente, non nascondeva mai il fatto di voler essere al centro delle attenzioni, ma come pochi altri aveva esperienza e valore da vendere che la mettevano in risalto.
Un modo di pensare quello di Sturm e di Aslaug che, come aveva detto più volte Renfri, si accomunava meglio al pensiero intraprendente delle Lame d'Argento.

Le Lame d'Argento, argomento di aspre discussioni e fautrici di dissapori insanabili.
Come dovevano comportarsi loro?
Tra le loro fila c'erano personalità altamente destabilizzanti come Majuk, che invece di saldare il gruppo creava discrepanze senza sosta, quasi ne traesse un piacere personale, dimostrandosi sempre imprevedibile, totalmente fuori dalle righe. Ma doveva avere sicuramente delle utilità affinchè tutto il gruppo continuasse a tollerare la sua provocatoria presenza ostile.
Sturm apprezzava quel tipo di pazienza, poichè, senza volerlo, la tiefling creava un contesto comune in cui tutti i membri della compagnia mercenaria potevano ritrovarsi, paradossalmente aggiungendo collante alla saldatura di tutto il gruppo.
Ne aveva conosciuti di tipi che riteneva antipatici ma che comunque dimostravano una certa validità: essi rappresentavano il primo grande compromesso che si affrontava stando in un gruppo.

Quando Sturm aprì la stanza la trovò completamente a soqquadro. Che qualcuno avesse fatto visita nella stanza nella speranza di trovare qualcosa come era successo con le stanze di Darsa e dei suoi compagni?
Non ricordava di star nascondendo qualcosa che fosse prezioso a qualcuno. Forse Sitkah ma era troppo accorta perchè potesse rischiare un'invadenza del genere.
No, quello scenario era il quadro macchiato da una mano rabbiosa e furente.
Osservando bene la stanza il grosso ruathen riconobbe i segni di uno sfogo potente, di una frustrazione crescente.

"Quanto sono complicate le donne. Dicono di no ma intendono il contrario, dicono jau e intendono jau, ma in maniera diversa" rifletteva accigliato mentre sistemava quel che poteva, con maggior riguardo per il catino e il contenitore con le erbe che davano all'acqua quell'odore di menta ed eucalipto che tanto gli piaceva.
Gli ricordava Jaeth, quando, rientrata dalle sue incursioni di caccia, era solita appendere alla grossa trave della loro casupola folti ciuffi di piante che emanavano fresche e pungenti fragranze che lo svegliavano e allo stesso tempo lo stordivano.
Lo faceva per Berrion, che amava quegli odori. Li amava talmente tanto che nelle notti di passione - cui Sturm ascoltava dapprima con imbarazzo e curiosità e poi con sempre meno meraviglia -, prima e al termine dell'amplesso, era solito cospargerci la pelle della moglie.
Una piccola intimità di cui pochissimi ne erano a conoscenza.

A terra, nella stanza, trovò anche gli abiti che Sitkah aveva indossato le notti precedenti. Sfregò le grosse dita su di essi prima di portarli al naso ed annusare la loro fragranza. L'averli lasciati lì aveva un solo ed inequivocabile significato: se n'era andata e non sarebbe tornata tanto presto.

Sì, Sturm aveva decisamente voglia di bere. Aveva bisogno di distrarsi e sollazzarsi. La sua barbara e animalesca natura faceva sentire il suo forte richiamo scombussolando l'animo e il corpo massiccio.
La breve e meravigliosa, ma pur sempre rischiosa, parentesi con un'Aslaug completamente esanime a causa del troppo alcool, aveva sfamato un poco il famelico Sturm che tuttavia aveva deciso di non spingersi troppo oltre. Rischiava seriamente la vita con la cacciatrice e certe libertà doveva ancora tenersele per sè.

Era ancora più stordito e eccitato di quanto fosse nel rientrare in locanda. Doveva abbattere quelle ardenti emozioni con la birra, bere fino a smettere di pensare e di tenere aperti gli occhi.
Al bancone, dopo aver ordinato, seppe dove si sarebbe dovuto recare per confrontarsi con Sitkah.
«Tieni Sturm e ah, è al Covone Dorato. Mi ha detto di dirti così»
«SKAL!»
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RE: [Sturm Greif] Come Folgore dal cielo. - da cotoletta - 24-10-2017, 18:05

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