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[Maragorn Fennec] Diario e appunti di viaggio
#26
Ma quindi è vero che fai ritratti?

Nasce così, da una semplice domanda posta distrattamente da chi davvero non ti aspetti. È stata Ariah a farmi questa domanda. Dapprima non capivo dove volesse andare a parare, pensavo volesse aggiungersi alla schiera di coloro che trovano divertenti le facezie sulle donne nude ma così non era (anche se mezza battuta l’ha piazzata comunque).
In realtà era interessata ad un ritratto, nulla di sconveniente, ma qualcosa di… bello. Aveva già in mente un luogo da usare come teatro della pittura.
Mancava solo da definire il compenso. Denaro? Neanche per sogno, non è il tipo di cose che si fanno per denaro, soprattutto quando vengono richieste a quel modo, e poi avevo la possibilità di “approfittare” della migliore nel suo campo. Mi sarei accontentato anche di accompagnarla in qualche esplorazione per scoprirne i segreti del mestiere ma, visto il mio rifiuto ad accettare del denaro, fu lei stessa ad offrirmi la sua guida. Il pretesto era semplice, arrivare alla zona che aveva scelto come teatro del ritratto stesso.

Come prima cosa mise alla prova le mie doti da guida e apripista. Mi diede un luogo di arrivo e alcune zone che avrei dovuto toccare nel viaggio. Per mia fortuna mi erano note praticamente tutte, tranne forse una o due dove però ho sopperito alla mancanza con il senso dell’orientamento. Nulla di troppo difficile: scovare le tracce di creature ostili, guidare un gruppo tutt'altro che silenzioso tra sentieri non tracciati… ordinaria amministrazione! Certo, per lei forse, ma per me era una vera e propria novità. Sono abituato a viaggiare da solo, in modo da potermi concentrare solo sugli eventuali pericoli attorno a me, senza preoccuparmi ed occuparmi di incauti accompagnatori. In ogni caso credo di essermela cavata discretamente, almeno in questa parte.
Ben più difficile invece fu tentare di calmare degli animali selvatici che ci attaccarono. Solo allungando una mano verso queste bestie lei riusciva nell'impresa di calmarle, facendole sembrare quasi creature addomesticate. In alcune occasioni questi combatterono addirittura al nostro fianco contro alcuni banditi comuni convinti di far bottino con le nostre scorte. Inutile dire che non ho la minima idea di come abbia fatto. Provò a spiegarmelo ma il massimo che ottenni fu far scappare uno scoiattolo che si era avvicinato a noi durante un passaggio in una foresta: pare proprio ci debba lavorare parecchio.

Dopo un intero giorno di cammino, poco prima dell’imbrunire, giungemmo a destinazione. Una radura con tanto di specchio d’acqua montano alle pendici della breccia di Tilvert. Come ho detto prima conoscevo quella zona, mi ero intrattenuto con i ranger di confine durante le mie esplorazioni ma mi mancava del tutto quell'anfratto riparato.
Iniziai subito a darmi da fare, approfittando della distrazione dei nostri compagni di viaggio che per l’occasione erano Haidar, il fido compagno di vita della ranger, l’elfa Althimara e Realgar, un genasi della terra che pare sia stato lontano dalle valli per tanto tempo e che infatti non conoscevo.
La scelta del luogo era stata perfetta e la nostra ora di arrivo amplificò questa perfezione regalandoci una luce del tutto particolare e, credo irripetibile.

Finito il ritratto montammo un campo per la notte: il giorno dopo avremo tentato la scalata al passo fino all'accampamento dei cavalieri del Cormyr. Devo ammettere che la cosa mi disturbò non poco il sonno, non ero mai stato in cima al passo e provavo una certa eccitazione per visitare un luogo così pericoloso e pieno di mistero. Forse consapevole del mio stato d'animo, prima di ritirarci per la notte, Ariah stessa si raccomandò più volte di evitare le rovine della città; ero conscio del fatto che si trattava di uno dei luoghi più mortali delle valli, ma è anche vero che la mia anima da esploratore fremeva alla sola idea di avvicinarsi a quel luogo maledetto dalla piaga della non morte.

Al mattino seguente, assieme ad Haidar ed Ariah, ci dirigemmo in cima al passo. Gli altri due nostri compagni preferirono tornare indietro a causa di certi affari urgenti che li impegnavano ma, nonostante questo. proseguimmo come da programma.

L’ascesa fu davvero impegnativa. Venimmo attaccati da delle bestie di dimensioni più che ragguardevoli: cinghiali talmente grossi che non ne avevo mai visto prima di uguali. Provai ad ammansirli seguendo le indicazioni di quella che, in quel momento, potevo considerare la mia maestra ma ogni mio tentativo sembrava quasi sortire l’effetto opposto. Più tentavo, più questi si infuriavano, più questi si infuriavano, più la loro aggressività nel cercare di respingerci aumentava. Come dicevo, l’ascesa fu davvero impegnativa ma infine riuscimmo. Era passata un’altra giornata e ormai al tramonto bussammo all'accampamento in cima al piano. Soprattutto Ariah aveva riportato diverse ferite e il cerusico dell’accampamento si prese cura di lei con impacchi di arnica e altre erbe officinali. “Nulla che un buon sonno non possa guarire” disse, e ci offrì l’ospitalità del campo. Come molti cavalieri ripetevano, non era sicuro piantare una tenda fuori dalla protezione delle palizzate e al campo vi erano diverse tende vuote proprio per questo.

Non chiusi occhio per buona parte della notte tanto che, poco prima dell’alba, decisi di uscire dal campo nella maniera più silenziosa possibile. Ero conscio del fatto che probabilmente stavo facendo una cosa molto stupida ma non potevo davvero farne a meno. Puntai dritto nella direzione indicata dalle vecchie insegne consunte dal tempo: un “Tilvert” appena leggibile mi guidò attraverso la boscaglia che si era quasi ripresa il sentiero fino a che, davanti ai miei occhi, non apparvero i resti di imponenti mura di cinta.
L’aria tutta attorno era immobile, sembrava quasi opporre resistenza al mio passaggio. Il sole iniziava a sorgere da dietro gli alberi ma sapevo perfettamente che, all'interno della voragine, i primi raggi si sarebbero visti non prima del mattino ben inoltrato.

La morte in persona era l’unica che potesse definire casa quel cumulo di macerie. Mi avvicinai alle mura in un silenzio quasi irreale, non un uccello né un qualunque animale selvatico pareva intenzionato ad avvicinarsi. Una zona crollata offriva un buon appiglio per passare oltre le rovine, lo utilizzai e lo spettacolo che mi si parò davanti fu… desolante. Non ho altri aggettivi per descrivere ciò che i miei occhi videro, ma ne ho per il vento freddo che mi investì una volta arrivato in cima. Era come se il gelo più totale risiedesse nella fossa. Ero a disagio nello stare lì, non riuscivo a pensare ad altro che non fosse un “vattene immediatamente” mentre i miei occhi passavano in rassegna il macabro spettacolo delle rovine. Erano pochi gli edifici ancora parzialmente in piedi ma era chiaro che, tra quelle vestigia di una città che non vi è più, si aggirassero ancora gli spiriti dei suoi vecchi abitanti, strappati alla vita in un solo unico e tremendo istante.
Dovevo andarmene al più presto, scesi giù dai bastioni quasi rotolando per la foga e, senza voltarmi una singola volta, mi diressi verso la carovana dell’accampamento.

*A completare la pagina lo schizzo preparatore del ritratto di Ariah. La tela definitiva sarebbe stata consegnata alla donna il mattino seguente*


[Immagine: Q6D3g8O.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

PG: Maragorn Fennec  Diario / Portrait
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RE: [Maragorn Fennec] Diario e appunti di viaggio - da mighelio - 05-12-2019, 22:04

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