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[Q - DM Ignem - AQ] Drago feroce, Leone assopito
#1
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Leonides alzò ancora lo scudo per difendere quella che gli sembrava Wren. L'ennesimo colpo dell'enorme zampa del drago lo scaraventò lontano. Rialzando lo sguardo vide il petto del drago gonfiarsi e il getto di fiamme investire la donna... il grido gli si spense in gola... non riusciva ad udirsi, ne udì le grida della donna. Poi la voce del drago si fece strada nella sua mente.


"Allora misero uomo vuoi accettare la resa? Inginocchiati innanzi a me ed avrai la mia misericordia. Fallo ora o moriranno anche loro." l'artiglio del drago indicò altri corpi agonizzanti sparsi intorno l'enorme creatura.

Vi riconobbe la chioma di Ariah, la veste nera bordata d'oro di Anthony, le vesti rosse di Darsa e lo scudo di Davian... e più in c'erano anche gli altri, Vizar, Julius, Cristopher, Shedrimnes. E poi gli elfi.
Mentre lo sguardo disperato di Leonides scorreva sui compagni l'enorme drago alzò una zampa e con l'artiglio trafisse il corpo di quello che sembrava...

"No, non può essere. Antheo!" gridò Leonides. Ma quello non poteva essere uno dei suoi vecchi compagni, una delle Spade del Chessenta. Mosse lo sguardo e riconobbe gli altri vecchi compagni. 

"Allora!? Hai deciso? Lì vuoi vedere vivi ed obbedirmi o farai la loro stessa fine?" il drago lo guardò con i suoi affilati occhi da rettile.

Leonides, alzandosi lentamente sulle gambe tremolanti, guardò lo scudo e la spada. Poi volse lo sguardo ai corpi intorno a se. La luce del tramonto ormai tremolava per lasciare spazio all'oscurità. Cosa poteva fare? Nel suo cuore sentiva tutto l'orrore della perdita. Di quella passata e di quella odierna. Le sue viscere vibrarono come quelle di un bambino. Gli occhi si abbassarono....

"Io... io Leonides Nathos...."

Un corno risuonò e lui sobbalzo nel giaciglio, madido di sudore. 

"Un sogno, un maledetto sogno... ma era così..."

Si guardò intorno vedendo gli elfi correre indaffarati. Si stavano tutti preparando per la battaglia. Di lì a poche ore sarebbero dovuti partire per la pietra Verticale ed affrontare il drago maschio Sssurist. 

"Forse il sogno è un cattivo presagio? O forse il passato lo ritroviamo sempre nel nostro futuro?"

Ponendosi tali domande iniziò a preparare il suo equipaggiamento. Mentre il suo cuore non riusciva a smettere di pulsare provato.
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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
Kal Strike
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#2
Leonides osservava il dente del drago Sssurist. Quindi il sogno non era un presagio, ma chi poteva saperlo? In fondo di draghi ce ne erano ancora due pronti a spazzarli via completamente. 

Avevano vinto anche quella battaglia. Sentiva ancora le grida e le urla strazianti di chi moriva. Le aveva ormai sentite così tante volte che sperava smettessero di fargli quell'effetto. Ed invece era sempre la stessa cosa. Vedeva nella morte dell'altro qualcosa di se. Forse il destino di ogni guerriero, il destino di chi combatte: la morte. Tuttavia qualcuno riesce a diventare vecchio. Alcuni assurgono anche allo status di eroi di guerra.
Non gli importava di essere un eroe, o forse sì, in fondo ognuno ha un briciolo di vanità nel cuore.
Tornò a guardare il grosso dente di drago. Sssurist hai fallito. Si era sentito tanto al di sopra di loro, ma la stessa donna che aveva fatto precipitare dall'alto uccidendola l'aveva colpito a morte molto tempo dopo. Mai sottovalutare un nemico. Questa lezione il giovane drago rosso non aveva potuto impararla.
Egli invece sapeva benissimo che ogni dettaglio, ogni cosa deve essere presa in considerazione mentre si pianifica una guerra. Soprattutto una guerra.
Bene ora doveva rimettere in ordine il suo equipaggiamento. Magari trovare anche qualche nuova arma. Anzi meglio riuscire finalmente ad incantare l'armatura di mithral che aveva acquistato. Era magica, ma incantata in modo debole. Aveva bisogno di qualcosa di migliore, se ne era accorto in mezzo a quei grossi lucertoloni. Tuttavia lui e Julius erano riusciti a creare un argine sufficiente alla marea di creature abominevoli che si erano trovati ad affrontare.

"Un passo la volta, ora ripuliamo tutto per bene e poi vedremo di metterci al lavoro. Se Nalgathra sarai tu la mia rovina presto lo scopriremo." sorrise riponendo il dente di drago nella sacca.
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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
Kal Strike
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#3
"Aliel" 
Dico ad un gruppo di soldati elfi nell'accampamento. Questi sorridono ricambiando il mio saluto. Sapere che sto imparando qualche parola del linguaggio elfico mi fa piacere. In fondo sono ormai molte settimane che vivo a stretto contatto con loro. Chissà magari alla fine di tutta questa storia potrò anche apprendere la loro lingua e così comprendere anche qualcosa in più della loro cultura.

Quando guardo ed ascolto il Kerym Karyn non posso non riconoscere la sua natura umana che spesso viene fuori rispetto a quella elfica. Chissà com'è stato vivere da mezzelfo? Se gli elfi intorno a lui vedono maggiormente il suo lato umano o quello elfico? Beh al momento ci sono altre priorità, ma chissà magari un giorno potrò chiederglielo.

Giungo in cima all'altura vicino alla palizzata del campo, vedo innanzi a me lontano il bosco avvolto nell'ombra dove l'esercito di Narlgathra è accampato.
La precedente battaglia presso la fortezza era stata un assedio. Un assedio difficile che ci aveva visto scontrarci con nemici di ogni sorta. Orchi, drow, elementali giganteschi e viverne mastodontiche. Sì, viverne maledette. Ancora sento il sapore del veleno se ci ripenso. Ed infine lo scontro con il drago Nevalarich, anch'essa possente e tremenda, che nonostante tutto abbiamo sconfitto. E scoprire che in mezzo a tutta questa storia c'è lo zampino degli Shadovar rende tutto molto più minaccioso. 
Chissà cosa staranno facendo gli altri presso la magione Aencar, possa il Cavaliere ed ogni altra divinità benigna vegliare su tutti loro.

Tuttavia ora ci apprestiamo allo scontro in campo aperto. Le prime scaramucce con piccole pattuglie hanno visto la nostra riuscita. Eppure so per certo che il drago sta preparando il suo assalto. Probabile a questo punto che stia già iniziando la sua mossa, non si lascerà cogliere impreparata.

Guardo il campo in basso dove sono anche i miei compagni. Quale modo migliore per conoscersi se non quello di dividere un fuoco da campo dopo una battaglia. Difendere il compagno d'armi al tuo fianco è una delle regole principali per un soldato. Sai che il tuo fianco destro è scoperto mentre attacchi un nemico. Solo sapere che colui che ti sta a fianco è disposto a proteggerti, come tu lo farai con chi sta alla tua sinistra, è una spinta in più ed una forza che rende un esercito davvero imbattibile.
Volgo nuovamente lo sguardo verso la direzione del nemico, so che presto tutto si tramuterà in metallo, sangue e furore. La battaglia è prossima, l'aria è carica del suo richiamo. Decido di tornare verso il falò, magari ancora due chiacchiere con gli elfi e forse darò anche la rivincita a braccio di ferro a quell'elfo. Quando ho visto che stavano mettendosi alla prova l'un l'altro non ho resistito, mi sono sentito tornare una giovane recluta. 
E poi devo dire che per essere un elfo è davvero forte, mi ha dato del filo da torcere...

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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#4
   
   

Lo scontro finale era iniziato con una marcia. La marcia di un esercito e di un gruppo di volontari. Noi quei volontari. Un manipolo di individui alquanto eterogeneo invero. Tuttavia eravamo lì, diretti verso l'esercito di Narlgathra. Ognuno aveva motivazioni proprie, dubbi e certezze, una cosa avrebbe unito ognuno di noi, la battaglia. Questo era ciò di cui ero e sono certo, una guerra rende i propri compagni gli unici a cui potersi aggrappare. Se non sei disposto a farlo o a permetterlo considerati già morto. Questa è la guerra.

Poi tutto precipitò nel fragore delle armi e degli incantesimi. Fuoco e saette, grida e preghiere, sangue ed ossa. Morte. L'esercito del nemico era imponente ed ogni genere di creatura ci fù vomitata contro. Dalle bestie più orribili, ai non morti, a statue animate a possenti giganti. Combattemmo, soffrimmo, ma non cedemmo. Ogni nostro piccolo passo verso il nemico era un passo verso la vittoria. Guadagnavamo ogni centimetro combattento senza tregua, mentre nel cielo uno scontro cento volte più terrificante aveva luogo. Tre draghi si fronteggiavano ed insieme a loro combattevano un grifone ed il suo signore affiancato da un mago elfico.
Ogni istante poteva essere l'ultimo, ed ogni colpo era inferto come fosse l'ultimo. Avanzavo con intorno a me i miei compagni ed infine li vedemmo precipitare. I draghi spostarono il loro scontro al suolo, ormai l'esercito di Narlgathra era stato soggiogato.

   

Ci dirigemmo verso il luogo dove le due possenti creature si fronteggiavano e li vedemmo. Narlgathra era avvinghiato alla sua nemesi il drago di bronzo. Le mastodontiche creature si fronteggiavano certe che quello era lo scontro finale. Quando infine Narlgathra fu morsa al collo e sgozzata. Cadde in un rantolo eterno. Era tutto finito, così la nemica del Popolo ricevette il suo castigo.
La gioia della vittoria era bilanciata dalla sofferenza ricevuta durante la guerra. E vedere gli elfi deporre sassi intorno al corpo morto del drago in segno di rispetto dei loro defunti imprimeva un irreale silenzio a quel campo di battaglia. I ciottoli di Alberi Intrecciati che Narlgathra non aveva potuto bruciare.
Mi aveva colpito quella scena ed ancora adesso non riesco a fare a meno di rimembrarla con un senso di profondo rispetto.

   

Poi giunse il rientro trionfale, le grida di giubilo ed i ringraziamenti. Il momento dei discorsi e la sincera gioia di poter riassaporare un pò di pace e serenità. E di certo Myth Drannor era una città che sapeva rendere una giusta serenità a chi vi risiedeva.

   

Non mancarono neanche grandi festeggiamenti ed onori. Essere chiamato per primo a ricevere il ringraziamento ed il dono della Coronal e del suo consorte in nome del Popolo elfico mi riempiva di orgoglio. La spada e lo scudo, fatti con il dente e la pelle di Narlgathra, era certamente un dono di grande valore. Ma la cosa che più muove il mio cuore è aver avuto la cittadinanza di Myth Drannor ed essere chiamato amico degli elfi. 
Sono pienamente conscio del grande onore concessomi e farò in modo che questa fiducia non venga mai tradita. 
Guardo questa splendida città e sento che qualcosa di me si è ritrovato. Qualcosa che da tanto tempo si era perso...
 
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Leonides Nathos

Sek Nefer
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#5
Leonides erano molti giorni che frequentava il tempio di Oghma a Myth Drannor. Aveva avuto modo di poter studiare alcuni testi di grammatica elfica. Ci stava mettendo un grande impegno per apprendere la lingua elfica. Inoltre aveva avuto modo di conoscere una mezzelfa di nome Ithilassa, era una giovane studiosa presso il tempio. Durante il primo incontro aveva sfoderato tutta la sua faccia tosta facendole alcune domande sulla lingua e la mezzelfa si era dovuta trattenere dal ridere per la pessima e ridicola pronuncia messa in campo dall'uomo. Tuttavia forse mossa da pietà o forse da un minimo di comprensione avendo riconosciuto in Leonides uno dei Volontari durante la recente guerra, lo aveva aiutato.
E le lezioni servivano eccome. Non erano molte, ma qualcosa producevano. Se non altro Leonides ora riusciva a mettere insieme una frase di senso compiuto seppur semplice, ma non aveva fretta. Sapeva che ci sarebbe voluto tempo e tutto sommato stare a Myth Drannor non gli dispiaceva. 
Avrebbe continuato a leggere libri di testo. Inoltre fino a quando avesse potuto avere qualche aiuto da Ithilassa, avrebbe continuato a studiare quella lingua.
Chiudendo il libro disse:

"Bene, dama Ithilassa, se volete essere mia ospite vi invito a cena. Per oggi credo di essere cotto. Allora accettate?"

"Solo se me lo chiedi in elfico."

Sudando freddo Leonides pronunciò alcune parole che nella sua bocca sembrarono più un gorgoglio che la fluente lingua elfica, Ithilassa lo corresse e poi disse:

"Premio l'impegno ed accetto l'invito."

Uscirono dal tempio andando verso la locanda continuando a parlottare di lemmi elfici.
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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#6
Porto avanti le mie giornate facendo seguire l'una all'altra. Le avventure a caccia di oro ed oggetti magici nei vari anfratti e rovine di queste terre sono divenute l'unica spinta all'azione. Non so se questo è ciò che può rendere un guerriero migliore o semplicemente evitarne l'abbrutimento.
Forse è tempo che trovi una via, o forse è giunto il momento di mettersi nuovamente in viaggio. Cercherò un altro luogo dove magari trovare una guerra come quella, appena terminata, degli elfi contro il drago.
Forse quel giorno nell'Unther, quando pensai di aver almeno salvato la mia vita, in realtà persi anche quella insieme a tutti loro. 
Bah credo che finirò per ubriacarmi oggi, la festa di Scudiuniti una buona occasione per farlo. In fondo lo scudo e la spada sono i miei ultimi due compagni, mi pare giusto ubriacarmi alla festa di uno di loro... e bere anche per chi non potrà più farlo...

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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#7
Aveva passato quelle ultime settimane muovendosi per le Valli tra i vari fabbri ed incantatori alla ricerca di un armatura in grado di soddisfare le sue esigenze. Doveva essere resistente, leggera ed essere resa molto più coriacea tramite la magia. Infine grazie anche all'aiuto del sacerdote Davian ne aveva comprata una, non era proprio perfetta, ma in ogni caso lo sarebbe diventata col tempo.
Intanto decise con le sue doti di fabbro di modificarne alcune parti per dargli una forma più congeniale. E mentre decideva il progetto nella sua mente realizzò che forse avrebbe dovuto cambiare alcune delle sue preferenze estetiche per adattare l'armatura un pò più allo stile delle Valli. Tuttavia decise che alcuni caratteri dell'armatura sarebbero stati unici. 
Oltre al progetto per le modifiche dell'armatura preparò anche quelle per lo scudo torre acquistato tempo addietro.
Era giunto il momento di mettere a frutto le sue doti di fabbro. 
Non poté non sorridere compiaciuto e soddisfatto nel vedere il progetto del suo lavoro. Quell'armatura avrebbe rispecchiato lo spirito del Leone... così come avrebbe voluto suo padre.

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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#8
"Il destino ha vie che non possiamo cambiare."

Dove l'aveva sentita?... nooo, la testa fa troppo male per concentrarsi. 
Dove sono?... poco importa la bottiglia c'è. Stende la mano mancandola al primo passaggio. Poi afferrata come l'ambito premio, ne ingurgita una quantità smisurata.
Perchè sono qui?... le emozioni nello stomaco gli impediscono anche solo il ricordo, che lentamente scompare nei fumi dell'alcol.
Cosa vogliono?... lo sguardo degli avventori è come un giudice, ma al condannato al patibolo nulla può far più male.

Vorrebbe alzarsi per pisciare. Lo fa come dovesse raggiungere il cielo o il peggiore degli abissi. Raggiunto il retro dell'edifico, in un attimo piscio e vomito sono la misura dell'uomo che un tempo avrebbe voluto cambiare il suo destino...

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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#9
*Ciack ciak*

"Uhmm cooosa?..."

Sentiva il corpo inzuppato e la guancia gelida sul terreno appiccicaticcio. Provò ad aprire gli occhi, ma una saetta di luce gli fece dolere ancora di più il cranio.
Cercò di respirare a fondo per riprendere il controllo degli arti e quindi lentamente si sollevò seduto. Gli sembrava che un troll gigante gli avesse scagliato contro una pietra... no quella faceva meno male. Seduto in quello che forse era il suo stesso piscio mischiato al vino, si guardò intorno. Si trovava poco distante dalla locanda dietro un muretto di cinta. Probabilmente era crollato lì. Raccolse la bottiglia, la osservò. Purtroppo era vuota. 
Perchè era lì in quello stato? La sua mente cercava di riordinare le idee. Capire. Tuttavia più si poneva domande più l'unica cosa che rammentava era lo scontro con quella cagna. L'aveva combattuta con tutte le sue forze, con ogni suo tecnica, mai si era dovuto mettere così alla prova... Non c'era stato scampo... stolto era stato sapeva di essere un inetto che ha sempre contato sugli altri. Doveva iscriversi al torneo delle giovani leve come aveva fatto Althimara. Lei si che era stata scaltra e così ci aveva pure guadagnato.

"Sì, Leonides. Sei un fesso ebete. Meritavi di peggio. Duelli, onore, rispetto. Bah, quante ne raccontano. Quando sei lì l'unica cosa che conta è vincere. Tutti a gridare per vedere il sangue. Gli spalti sembravano dei cani affamati che aspettavano i resti. Ed io sono stato il primo pezzo."

Alzò ancora lo sguardo al cielo.

"Quello è ciò che vuoi dai tuoi fedeli? Ho capito, ho fallito ancora una volta! Mi avete misurato e sono mancante. Ho capito..." 

Abbassò la testa quasi in un singhiozzo che ingoiò a fatica. Cercò poi di alzarsi sentendo l'umido lungo le cosce. Guardò in direzione del ruscello che sapeva esser in quella direzione e pensò di andarsi almeno a togliere quello schifo di dosso.
Lo schifo nell'anima sarebbe stato più difficile da rimuovere...
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Leonides Nathos

Sek Nefer
Ramses Amosis
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#10
Ritiratosi in una stanza della locanda, per non stare in mezzo alle voci della piazza che esaltavano gli eroi del torneo, si versava del liquore. Ormai non aveva nemmeno più importanza ciò che beveva, purchè fosse forte abbastanza da anestetizzargli l'animo. Guardò fuori la luce del giorno, chissà quanto aveva dormito? Ormai le ore si succedevano. 
Poi mentre si muoveva come un fantasma notò la sua sacca rovesciata ed il libro su cui annotava i suoi pensieri. 
Il libro delle gesta di antichi eroi.... eroi della sua terra... qualcosa lo spinse ad aprirlo... forse solo il desiderio di riconoscere qualcosa di amico e familiare in mezzo a tanta solitudine...

Così disse, e una nera nube di angoscia lo avvolse:
con ambedue le mani prese la polvere arsa,
la rovesciò sul capo, sporcando lo splendido viso,
e sulla veste fragrante cadde la cenere.
Lui stesso, grande disteso in mezzo alla polvere,
giaceva, e con le mani si sfigurava strappando i capelli.


Quel passo, come una fitta il ricordo di quella storia... l'eroe colpevole del proprio errore... causa della morte di colui a cui teneva... 
Riprese a leggere con il petto ricolmo di angoscia...

Dall'altra parte Antiloco gemeva e versava lacrime,
tenendo le mani di Achille che piangeva nel nobile cuore:
temeva che si tagliasse col ferro la gola.
...

e Achille tra loro diede inizio al compianto,
mettendo le mani sterminatrici sul petto del suo compagno,
e gemendo sempre, come un leone dalla bella criniera
al quale un cacciatore ha rapito i cuccioli
nella selva fitta, e lui si angoscia d'esser giunto tardi
...

Chè d’infinita angoscia il cor trafitto
Or non avresti pel morir d’un figlio
Che alle tue braccia nel paterno tetto
Non tornerà più mai, poichè il dolore
Nè la vita nè d’uom più mi consente
La presenza soffrir, se prima Ettorre
Dalla mia lancia non cade trafitto,
E di Patróclo non mi paga il fio.


Si arrestò, la memoria corse al suo caro Antheo. Lo sguardo lucido si mosse verso le braci del camino. Il cuore rigonfio di dolore e vergogna. Prese il bicchiere e prima di portarlo alle labbra lo scagliò contro il muro.
Il dolore avrebbe dovuto attendere la pace dell'alcol...
[Immagine: DUw4gH8.jpg]
Leonides Nathos

Sek Nefer
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