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[Aq-R]Un lungo percorso
#5
PARTE - 5
PASSATO - L'INQUISITORE -


La locanda era gremita di avventori come al solito. La coppa bianca è una locanda diversa dalle altre bettole della città. La si potrebbe quasi definire una locanda di lusso e già dall'esterno si intuisce che si tratta di un posticino molto elegante. Situata vicino il foro centrale della cittadina è un edificio di medie dimensioni a tre piani, circondato da un delizioso giardino curato fin nei minimi particolari, dove i fiori sono raggruppati a formare gioielli di colore che spuntano regolarmente dall'erba facendo da corone ai begli alberi ornamentali. La locanda è costruita interamente con piccoli blocchi di pietra di sangue, tipica della regione delle montagne galena, accuratamente rifiniti; la porta d'ingresso e le finestre sono incorniciate con pietra chiara, che crea un elegante contrasto col colore scuro delle pareti.
All'interno l'arredamento si presenta semplice ed elegante, atto ad accogliere una clientela ricca ma non esibizionista. La stanza principale presenta tavolini rotondi, un caminetto sulla parete a sinistra e a destra il bancone sempre pulito e perfettamente lucidato, dietro il quale si apre la porta che conduce alle cucine. In fondo si aprono le scale che portano al piano superiore, dove si trovano le camere da letto. Era la locanda preferita da facoltosi mercanti. Spesso si incontravano qui per discutere di affari, accompagnati dalle guardie del corpo per festeggiare un buon affare concluso.

[Immagine: 7d432764399c8d1359ee5326fdac1537-d39rayp.jpg]

Seduto ad un tavolino vicino al caminetto c'è la mia preda. Sono diversi giorni che lo tengo d'occhio. Ho seguito i suoi movimenti cercando di studiare le sue abitudini. E' un mercante discretamente facoltoso e ogni sera andava a farsi un goccio nella locanda della coppa bianca. Troppo sicuro di se. Decisi di di agire proprio quella sera. Attendere accora sarebbe stato sciocco. Il mercante sarebbe potuto partire in qualsiasi occasione facendomi perdere la mia occasione. Ero sicura di poter fare un bel bottino e con quel denaro. Quella era la mia miglior occasione per fuggire da quel posto e lasciarmi alle spalle tutto quanto

...La casa...

...Kradar...

...i bambini....e Maruska....

Ricordo che avevo il cuore in gola. Ero molto nervosa perché ero ben consapevoli dei rischi che ciò comportava un caso di fallimento. 

...ma in fondo che altro mi resta da perdere?...

Dovevo attendere solo l'occasione giusta. L'oste era una brava persona e permetteva a noi ragazzini di entrare nella locanda per vendere qualcosa per poterci guadagnare qualche moneta a patto che non importunassero gli avventori. 

...sii paziente e attendi il momento giusto...

Quella sera la fortuna sembrava sorridermi. Il mercante era particolarmente euforico. Cominciò ad ordinare un bicchiere dietro l'altro. Probabilmente stava festeggiando un buon affare concluso in giornata. Dopo un pò di tempo si alzò in piedi, barcollando piuttosto vistosamente. Evidentemente l'alcool che aveva bevuto cominciava a dare gli effetti sperati. Lentamente e goffamente arrivò alla porta della locanda per uscire. Quello era il momento che aveva atteso per agire. Velocemente raggiunsi il mercante fuori dalla locanda. Girò dietro la locanda, camminando rasente i muri, tenendosi con una mano. Prese una via laterale. Si accasciò a terra per dare di stomaco. Attesi qualche istante. I conati cessarono e il mercante non si muoveva.

...una bella sbronza è quello che ci voleva...

Ricordo che mi avvicinai lentamente, cercando di fare meno rumore possibile. L'uomo sembrava sufficientemente stordito dall'alcool. Allungai le mani verso la cintura per slacciare il sacchetto gonfio di monete. Però l'ansia cominciò a prendere il controllo di me. L'operazione che avevo pensato richiedesse pochi istanti era più lunga del previsto. Il sacchetto era ben legato e il nodo ottimamente stretto. Cominciai a sudare copiosamente perché sapevo che il rischio di essere scoperta aumentava in modo esponenziale ad ogni secondo che passavo li. La mia attenzione cadde sul pugnale che portava nel fodero alla cintura. Lo estrassi lentamente. Con quello potevo tagliare il legaccio e scappare all'istante. Con una mano tesi il legaccio e vi poggiai sopra il pugnale. All'improvviso un brivido gelido mi attraversò la schiena. La mano del mercante si serrò sul suo polso e gli occhi di lui la fissavano con odio.

...Che diavolo pensi di fare?...

Il mercante con l'altra mano mi colpì violentemente al viso tenendo la presa salda sul polso per impedirmi di fuggire.
All'improvviso tutto si fermò. L'uomo mi fissava con gli occhi sbarrati, pieni di orrore. Abbassò lo sguardo e vide il suo pugnale conficcato nel ventre. Fui pervasa da una rabbia che non pensavo di possedere. Estrassi il pugnale e lo colpii di nuovo, ancora e ancora, con tutta la forza che avevo in corpo. 

...sto pugnalando davvero lui?...

...sto pugnalando davvero quest'uomo o Kradar?...

...o forse sto pugnalando quello che rimane di me?...


L'uomo gridò con tutto il fiato che aveva in corpo finché non lasciò la presa. In quel momento finii a terra, con il pugnale insanguinato in mano. Fissai l'uomo urlare e contorcersi dal dolore mentre premeva entrambe le mani sul suo addome. Continuò ad urlare come un maiale sgozzato. Mi avventai sul borsello lo tagliai e lo presi. Ci ero riuscita, ma quel momento di euforia cessò subito quando sentii le voci di persone che attirate dalle grida del mercante erano sciamate nel vicolo. Ero li in piedi con il pugnale in mano e quelle persone all'inizio del vicolo. Cominciai a scappare. Ricordo le persone che mi rincorrevano e urlavano di prendermi.
Mentre correvo pensai che non mi avrebbero mai presa, ma subito dopo mi resi conto di un fatale errore che avevo commesso. Non avevo mai preso in considerazione di fallire e trovarmi in quella situazione. Quella zona non la conoscevo molto bene. Ma pensai che tutto sarebbe andato bene. Li avrei seminati e mi sarei messa in salvo con l'oro. Sbagliai. Girai nel vicolo sbagliato. Era un vicolo cieco. Fui presa dal panico. I muri erano intonacati e troppo lisci e non c'erano buchi o sporgenze per arrampicarmi. Feci per tornare indietro ma la folla si era già accalcata all'imbocco del vicolo. Caddi seduta a terra con le spalle premute sul muro dietro di me. La folla urlava contro di me. 

...Assassina...

...Assassina...

Rimasi immobile, tendendo il pugnale insanguinato verso di loro. Cercai di mantenere la calma. Non sono molti. Se mi avvento su uno o due di loro e li pugnalo gli altri si spaventeranno e mi potrò aprire un varco per scappare. Ce la potevo fare. Feci per alzarmi quando una voce possente e autoritaria tuonò nell'aria. La voce era così forte che echeggiò in quel vicolo. La gente che si era accalcata all'inizio del vicolo si aprì su due lati e un uomo in armatura pesante con altri soldati al seguito si fece strada. Avanzò fino a qualche passo da me. Potevo vederlo bene nella oscurità della sera. Sul pettorale dell'armatura aveva l'effige di una mano. 


[Immagine: Paladin_fp.png]


E infine la fine è arrivata pensai in quel momento. Ce ne è voluto di tempo ma alla fine è arrivata. Per me non ci sarebbe stata speranza. Avevo ucciso un uomo, un mercante, che in quel momento storico del nostro paese erano tenuti in grande considerazione. Un atto di per se già grave. Sarei stata sbattuta in una cella? Oppure uccisa? Cosa ne sarebbe stato di me? Le lacrime che pensavo di aver completamente versato in passato rigavano il mio volto. Cominciai a piangere singhiozzando. Ma non era un pianto di disperazione o tristezza. Ma un pianto di follia. Quasi di felicità. L'uomo girò appena il capo verso la folla e li ammonì.

...Sono l'inquisitore Dragmar e ora ci penserò io. Se qualcuno di voi pensa di fare giustizia sommaria, dovrà vedersela con me...

Tutti rimasero zitti, con lo sguardo abbassato. Nessuno dei presenti osò replicare alle parole dell'uomo. L'inquisitore rimase in silenzio. Con il suo sguardo severo e mi fissava. I suoi occhi sembravano fiammeggiare. In suo sguardo sembrava penetrarmi fino a scrutare la mia stessa anima. Chissà cosa stava pensando di me in quel momento. Forse stava pensando a quale punizione infliggermi. Il suo silenzio rendeva il tutto surreale. Quel breve attimo sembrava eterno, sembrava non finire mai. Poi all'improvviso ruppe il silenzio. La sua voce severa come il suo sguardo echeggiò in quello stretto e squallido vicolo. 

...Dimmi perchè lo hai fatto...

Una semplice domanda, ma a cui in quel momento non seppi rispondere. Ma davvero non risposi perchè non conoscevo la risposta? O non risposi per la vergogna e la paura di rivelargli la verità? Così rimasi in silenzio con la testa abbassata. L'unica cosa che riuscii a chiedergli fu

...E' morto?...

...Si...

...Dimmi perché lo hai fatto...

...Perché questo mondo è un inferno e volevo smettere di soffrire...

...Dammi il pugnale, ragazzina...

Il tono della voce era cambiato. Nonostante il tono severo, sembrava più dolce, comprensiva. Sembrava trasmettere un confortante calore. 

...Aiutami...

Chiesi semplicemente
Annie
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