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[Sturm Greif] Come Folgore dal cielo.
#1
I

La notte era gelida, come molte altre prima di quella. Come molte altre ce ne sarebbero state. Pioveva a dirotto ed il vento impetuoso fischiava tutta la sua furia.
La fredda pioggia cadeva infrangendosi come tanti puntaspilli contro il collo scoperto di Vardhir che acquattandosi si avvicinò alle impronte che stava cercando.

Da giorni lui e il suo compare, Felik, erano sulle tracce dei rinnegati. Trovarli ed ucciderli avrebbe concesso loro un epiteto degno di nota oltre che le ricompense messe in palio: qualche centinaia di monete d'oro per ogni cranio di rinnegato, una terra abbastanza buona da coltivare, un modesto gregge e due servi.
Niente male come inizio per poi puntare a diventare guerrieri scelti o addirittura thane o jarl.

Giorni precedenti avevano rinvenuto tre cadaveri di quel gruppo di miserabili fuggitivi. Tutti e tre indossavano nient'altro che vesti logore. Le suole dei piedi scalzi spaccate da profonde ferite inferte dalla infida roccia costiera. Uno di loro aveva un braccio che presentava segni di una cancrena avanzata.
Poco male, uccidere i rimanenti sarebbe stato più facile. Tredici facili bersagli. Tredici morti che camminavano.

Le dita callose di Vardhir tastarono i bordi di quelle impronte fangose. Erano di Felik. Il biondo lo aveva preceduto di diverse dozzine di metri ma con l'avvento della tempesta si erano persi di vista.
Borbottando imprecazioni ed oscenità Vardhir si drizzò per avanzare contro la pioggia ed il vento. Conosceva questa zona, ci aveva combattuto e cacciato per molti anni. Ricordava che nei dintorni doveva esserci un albero abbastanza robusto che avrebbe potuto fornirgli riparo.

In tutto quel turbinio gelido ed infernale Vardhir riuscì comunque ad orientarsi. Rise quando scorse il profilo dell'albero che cercava.
Boccheggiando per la fatica si avvicinò all'albero con passi pesanti. Le vesti e le pellicce completamente inzuppate d'acqua lo avevano appesantito di parecchio. Si appoggiò di peso al tronco duro e in parte ancora asciutto, riprendendo fiato con ampie boccate, la testa inclinata, lo sguardo rivolto a terra. La barba castana gocciolava. Sorrise, anche questa era fatta, doveva solo aspettare che la tempesta si placasse.

Un tuono schioccò la sua furia nel cielo, ed un lampo di luce poco dopo apparve squarciando la distesa nera da cui si riversava impetuosamente la pioggia.
"Gli Æsir sono infuriati... " Vardhir non fece in tempo a terminare la propria riflessione che aguzzò l'udito. Gli era parso di udire un fischio prolungato. Alzò il capo ed il sorriso che poco prima gli aveva increspato le labbra svanì.
Al bordo del tronco, appeso, sollevato da terra, riuscì a distinguere un Felik senza vita, con tre grossi rami che gli avevano trafitto la clavicola, lo stomaco ed il centro del torace. La testa dai capelli biondi era inclinata in avanti, la bocca semi aperta in un'ultima smorfia di paura e morte. Gli occhi vitrei sbarrati. "Cani maledetti!"

Tuono. Lampo.
Il fischio.
Questa volta il fischio si era dilungato oltre il rombo scaturito dal tuono.
Vardhir sapeva cosa stava per succedere e non esitò ad armarsi.
Doveva aspettare che il cielo tuonasse così che i lampi illuminassero il campo di combattimento.

Tuono. Lampo.
Tre uomini stavano correndo a perdifiato nella sua direzione.
Disarmati, tutti e tre. Niente scudo, niente armatura.
Vardhir soppesò velocemente le asce da lancio prima di scagliarle in lontananza con estrema precisione e forza.

Tuono. Lampo.
Uno di loro era ancora in piedi. Zoppicava vistosamente continuando la sua offensiva.
Un'altra ascia scagliata.

Tuono. Lampo.
L'ennesimo cadavere.
«Volevate fregarmi eh?! Nessuno di voi p...!» di nuovo non riuscì a terminare l'imprecazione che altre braccia e mani lo avevano colto di sorpresa.
Pugni, schiaffi, calci. Stavano cercando di stordirlo e scaraventarlo a terra.

Tuono. Lampo.
Erano tutti. Gli avevano teso un agguato. Poteva ucciderli tutti!
Urlando a squarciagola Vardhir si liberò dei suoi oppressori mulinando al contempo il suo grosso spadone. Alcuni dei nemici vennero sbalzati a terra dalla reazione irruente del corpulento cacciatore, altri si scostarono in tempo.
«E' tempo moriate vigliacchi traditori!»
Sarebbe stato uno scontro interessante. Uno contro dieci. Anche se disarmati erano comunque in netta superiorità numerica.
«Che Hel vi colga! Morite!!!»
Vardhir caricò nel classico modo ruathen, urlando e con lo spadone sollevato in aria.

Tuono. Lampo.
Folgore.
Vardhir non seppe mai cosa accadde, fu tutto troppo veloce perchè riuscisse ad accorgersene.
Una scarica elettrica lo investì violentemente, attirata dalla lama dello spadone sollevato, sbalzandolo via, fumante e privo di vita.

Un uomo si accovacciò sul cadavere di Vardhir. Un ragazzo.
Gli strappò di mano la lunga arma ancora calda.
«Che vi avevo detto? E' una notte propizia questa»
«Come dici tu Sturm, come dici tu» fu la risposta scettica dell'omone calvo e barbuto che svettava dietro di lui, guardando timoroso il cielo rombante.
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#2
II

«Ehi Ffolk. Ffolk! Dargouwf sta male, ha una tosse tremenda» con passo veloce Sturm raggiunse Gjorgul che apriva la strada, in testa al gruppo di fuggitivi.
«Lo so Sturm, lo so. Deve resistere».
Era un tipo grosso Gjorgul, con una folta barba raccolta in un lungo pizzo ed un capo completamente calvo ed incredibilmente lucido. Da lontano quella sua grossa testa tonda sarebbe potuta essere scambiata per una mastodontica perla lucente. Guai a dirglielo però, per la sua testa rasa Gjorgul provava un senso di genuina vanità «Se non altro non faccio fatica a pensare. Molti pensieri vengono fermati dai capelli» era solito dire con un tono misto tra il serio ed il divertito. Chissà se ci credeva davvero. Di corporatura era un orso di uomo, infinito nella sua svettante statura e nella sua possanza, incuteva timore solo a guardarlo.
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Di tutto il gruppo, durante la condanna, era stato l'unico a cui era stato concesso di tenere la barba. Infondo prima della disastrosa disfatta della spedizione dello Jarl Froston, Gjorgul era molto considerato tra i suoi compaesani e consanguinei. Si trattava di un combattente formidabile, dalla resistenza inesauribile.
Era conosciuto come Il Ffolk. Infatti Gjorgul non era stato sempre così immenso, anzi. Da piccolo era poco più di uno stecchino umano, emaciato e dalla salute cagionevole. Nel suo villaggio si credeva fosse durato poco. Per di più la sua pelle naturalmente scura e la cascata di capelli neri gli avevano procurato attenzioni spiacevoli tra i suoi coetanei che avevano iniziato a chiamarlo Il Ffolk proprio a causa della sua debolezza fisica e del suo strano aspetto.

I Ffolk erano popolazioni di isolani che vivevano a migliaia di distanza a sud dell'isola di Ruathym. Combattenti anche loro ma prima di tutto contadini e amanti fanatici della Madre Terra. I ruathen spesso facevano visita loro a suon di razzie lungo le coste.

Ffolk poi però crebbe, e lo fece a dismisura, a discapito dei suoi capelli. Ciò che aveva in testa svanì come risucchiato dal resto del viso che trasformò quel cespuglio nero in un'ispida barba altrettanto nera che andò a riempire mento e mascella.

«Bene, dietro quella collina c'è uno strapiombo con un sentiero molto stretto che porta ad una conca abbastanza ampia»
«Sì, se siamo fortunati forse la tempesta di ieri potrebbe aver fatto arenare qualche barca»
«Lo spero. Dì agli altri di riunirsi e scopriamo se c'è qualcosa per noi»


A Sturm bastò alzare il braccio e scuoterlo ripetutamente perchè gli altri accorsero di buona lena, senza pronunciare una parola. Il gruppo poi raggiunse Ffolk che nel frattempo si era accucciato sulla sommità della collina.
«Per Tempos gli Æsir ci sono ancora favorevoli, guardate là» il grosso indice calloso indicò in lontananza due drakkar. Una spezzata a metà, l'altra sembrava ancora in condizioni tali da poter navigare. Alcuni uomini girovagano, urlandosi tra loro, impegnati a recuperare oggetti con cui riparare la drakkar rimasta intera.
Poi c'erano cadaveri, sparsi qua e là, tra altri svariati oggetti e detriti portati dal mare impetuoso.

«Andiamo»
Dargouwf tossì. Sturm diede lui una forte pacca sulla schiena «Non morire di tosse proprio ora mh?»
Spadone imbracciato si alzò seguendo Ffolk per il sentiero.
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#3
III

«Saremo anche fortunati sotto certi aspetti ma anche la Morrighan ci mette del suo eh?»
«Non pronunciare mai più quel nome Sturm! Già mi basta quanto è successo» Ffolk lanciò una sonora imprecazione mentre gettava un mucchio di assi di legno nella drakkar integra.

La sortita si era conclusa con un sofferto successo. Tutta colpa dei trascorsi lascivi e battaglieri di Ffolk.
I dieci fuggitivi erano apparsi nella conca spacciandosi per dei sopravvissuti, naufragati durante la notte a causa della tempesta. Gli altri ruathen avevano abboccato alla grande, per di più la tosse malsana di Dargouwf dava più credibilità alla messa in scena.
Poi però il velo della Morrighan era sceso su di loro.

Uno dei ruathen riconobbe Ffolk «Ehi, ma tu... ma tu non sei Gjorgul il Ffolk?». Tutti gli altri ruathen presero a guardare l'omone calvo con più attenzione.
Ffolk emise solo un sospiro ed annuì impercettibilmente. Ma non era un gesto di affermazione, piuttosto il segnale d'attacco concordato dal gruppo.

Kurt il Rabbioso sferrò il primo colpo, fulmineo, sulla mascella del suo bersaglio. Poi fu la volta di Sturm a partire all'attacco, e così l'intero gruppo subito dopo. Inizialmente ci furono solo pugni, calci, prese. Lo scontro sembrava un'affollata e disordinata rissa da taverna. Poi vennero estratte le armi e il sangue zampillò arrossendo la spiaggia di ghiaia.
Nessuno del gruppo di fuggitivi perì.
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«No quello non ucciderlo!» Sturm tese il braccio a fermare la mano di Kurt che stava per conficcare il suo rozzo pugnale di pietra nel bel mezzo del petto del malcapitato che aveva sotto mano.
«Perchè no Sturm?! Qua comanda Ffolk, non tu. Ffolk che devo farci con questo qua? Tagliamogli la gola e facciamola finita dai»

«Che intenzioni hai Sturm?» chiese Ffolk dopo aver fatto cadere ai suoi piedi il corpo esanime di colui che l'aveva riconosciuto. Gli aveva spezzato il collo.
«Pagare il giusto dazio alla Regina dei Mari. Ricordatevi che noi siamo qua. Jarl Froston ed altri centinaia di uomini e donne sono in fondo al mare»
«E pensi che ci ascolterà? Che accoglierà il sacrificio offerto da una manciata di esiliati?»
«Non ti è bastata la tempesta di ieri Ffolk? Gli Æsir ci osservano ancora. Sono fiducioso»
«Sarà. Non mi pare abbiamo niente da perdere a parte la nostra vita no? Kurt, legalo ad un palo e sorvegliatelo, muovetevi. Tutti gli altri, a riparare la drakkar»

Il cielo rombava in lontananza. Una schiera compatta di nube oscure si allungava dall'orizzonte fin sopra ed oltre le loro teste. Il mare era mosso ma non così tanto da non permettere una traversata in mare. Il vento gelido era a favore.

«Non pensavo fossi tanto famoso Ffolk. Hai combattuto anche per altri clan?»
«No. Ho combattuto tanto. Ho impressionato la moglie bellissima di uno jarl. Me la sono portata a letto, più volte in realtà. Si dimenava come una tigre delle nevi Sturm, devi credermi. Poi però lo jarl suo marito l'ha scoperto, e voleva uccidermi. E' morto lui insieme alla sua scorta. Così poi sono venuti i suoi due figli per vendicare la morte del padre e l'onore perduto della madre. Sono morti anche loro. Rimane solo Therrsa, la moglie bellissima dello jarl. Vuole uccidermi da anni per aver distrutto la sua famiglia e spaccato in due il suo clan, vuole riprendere prestigio. Avrà saputo della mia, della nostra condanna e avrà sguinzagliato i suoi uomini per prendermi e portarmi da lei».
«Potresti essere un prediletto delle Furie Ffolk, ricordami di non mettermi mai contro di te eh?»
«Risparmia il fiato per le vogate ragazzo»
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#4
IV

L'ultima asse era stata fissata con dovizia. Le riparazioni alla drakkar erano state ultimate: la chiglia era tornata in buono stato per una navigazione tranquilla e spedita. Si fossero imbattuti in una tempesta durante la traversata verso est la chiglia non avrebbe retto, aveva già subito forti danni. Altre percosse avrebbero sancito la spaccatura totale dell'imbarcazione.

Il vento era ancora favorevole, dovevano prendere il largo il prima possibile a colpi di vigorose remate. Non che fosse un compito così arduo di per se, tutti avevano partecipato a molte razzie, alcuni erano dei veterani navigati, vogare in condizioni normali non avrebbe presentato alcuno ostacolo.
Ma l'attuale situazione era diversa. Erano fuggiaschi da più di una settimana, costretti ad una marcia forzata che li aveva sfiancati, tra le intemperie dell'isola e i svariati inseguitori che volevano fargli lo scalpo. Chi per un motivo, chi per un altro. Erano denutriti e con le forze allo stremo. Molti di coloro che erano stati condannati erano periti durante la disperata fuga.
Ora veniva il momento di dare il massimo, lasciare Ruathym, l'isola che secondo loro li aveva ingiustamente condannati per un fato avverso, e sperare di raggiungere le sponde dell'entroterra. Le stesse sponde che alcuni di loro avevano raggiunto anni prima per portare a termine violente razzie, guadagnando gloria imperitura.

Kurt strattonò l'albero per tastarne la resistenza. Doveva essere stato ricavato da un olmo bello maturo. La vela quadra era stata ricamata alla bell'e meglio laddove presentava degli squarci.
«Rètt, ci siamo tutti, possiamo partire»
«Aspetta Ffolk, Sturm ancora è lì a frugare tra i cadaveri»
«Bah, sbrigati corvaccio! Se non ci sbrighiamo ritorniamo sott'acqua» il richiamo stridulo di Kurt raggiunse Sturm in lontananza.
«Ah pare abbia finito, sta tornando»

«Sturm dammi un motivo per cui dovresti tenere solo tu tutte quelle monete» Kurt aveva lasciato il suo lato dell'imbarcazione per avvicinarsi al grosso Sturm impegnato a tirare con i denti un filamento con cui stava rattoppando un sacchetto logoro.
Kurt il Rabbioso. Sarebbe stato più appropriato dargli l'epiteto di Aizzatore o Zizzania. Era una sua peculiarità provocare chi credeva fosse inferiore a lui, ne provava un piacere immenso, lo si vedeva da quei suoi brutti occhi stretti.
«Non sono per me. Ne per te. Ne per nessun altro qua. Sono per lui»
Con un cenno del capo indicò il prigioniero legato all'albero maestro. Sul volto aveva dipinta una smorfia di puro terrore.
E a ben vedere.
«Sei un pazzo. Fottuto. Dannato. Spazzino. Invece di darle ai morti, potremmo servircene noi quando arriveremo su Faerun. Dammene un po' o giuro sulla mia testa che ti scanno prima ancora che tu possa avvicinarti a quello schifoso legato là».
Sturm si limitò solo ad alzare lo sguardo gelido verso Kurt.

Fu solo grazie all'intromissione di Ffolk e Dargouwf che si evitò uno scontro tra Sturm e Kurt. Sturm già sapeva come sbarazzarsi di quel gradasso subdolo e ripugnante.
«Sturm! Stupido idiota lascialo perdere. Facci l'abitudine, non dargli spago. Siamo pochi e spossati, ammazzarci tra di noi non ci aiuterà» Dargouwf aveva ragione. Nonostante le sue pessime condizioni non aveva perso le speranze. Era sempre stato un tipo pratico e pacato Darg, dall'occhio fine come un rapace. Molto spesso veniva impiegato tra le forze di avanguardia per le sue doti di astuto, paziente ed attento cacciatore.
Tossì bruscamente.
«Sta attirando il malocchio della Morri...»
Darg colpì Sturm sul labbro con uno schiaffone a mano aperta. Lo sguardo del cacciatore era talmente esplicito che non servivano parole per spiegare.

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Il resto della giornata Sturm lo passò badando alle vele, così da evitare che schioccassero ad ogni folata di gelido vento, e ad imprecare nervosamente.
La drakkar della salvezza avanzava spedita sul Mare Senza Tracce, sospinta dal vento e dalla corrente.
In lontananza il cielo tuonava la sua furia.
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#5
V

Due giorni di bonaccia.
Due maledettissimi giorni di bonaccia, alla deriva più assoluta.
Avevano vogato per poche ore verso est, tutti quanti, per risparmiare le forze. La fame, ma soprattutto la sete li stavano logorando pian piano.
L'istinto di sopravvivenza per i ruathen era una questione delicata, di puro orgoglio, ma ciò nonostante differiva da persona a persona. Ognuno reagiva in maniera diversa. Il forte prevaleva, il debole soccombeva.
Sturm in quella circostanza si ricordò di una citazione di un famoso condottiero di Faerun, di cui però non ricordava il nome, decantata da uno degli stranieri che aveva conosciuto anni prima nella città di Ruathym: « E' più facile trovare uomini disposti a morire che trovare quelli disposti a sopportare il dolore con pazienza*».
Kurt non era uno di quelli.

Prima di quei due giorni di bonaccia la drakkar aveva superato il profilo delle Whalebones. Tante piccole irte isole rocciose che spuntavano dal mare, tenebrose, simili alle ossa giganti di una balena, da cui appunto prendevano il nome.
«Fermiamoci là, lì potremo rifocillarci» Kurt era paranoico e di umore nero.
«No, si prosegue verso est» Ffolk fu lesto a rispondere con un tono che non ammetteva repliche.
«E perchè eh?! Cos'hai combinato lì eh?! Tu sei colpevole di chissà cosa, noi no! Io voglio andare là! Voglio mangiare carne cotta e bere birra, tanta birra!»
«Ti dirò cosa è successo ma non ci fermeremo comunque. Ho sconfitto un thane. Una donna. Ci siamo accoppiati. La mattina seguente me ne sono andato con il mio bottino. Mi vuole morto perchè si sente vilmente usata».
«Ah! Tu e le tue maledette fughe amorose»
«Idiota! Non capisci che se ci fermiamo lì potrebbero farci di tutto? Loro sono ruathen, noi no. Potrebbero prenderci con loro e mandarci a razziare le stesse nostre terre, nei migliori dei casi. Oppure potrebbero torturarci. Oppure prenderci prigionieri e consegnarci a chi ci cerca per chissà quale ricomepensa»
Ffolk annuì in risposta al ragionamento espresso da Sturm.
«Tu taci stupido tirchio di un bue».

Venne il giorno del sacrificio propiziatorio. Il mare e il cielo esigevano quel prezzo. E fu un caro prezzo.


Kurt, la notte prima del sacrificio, aveva deciso di ammutinarsi a Ffolk. Era persino riuscito a convincere alcuni tra gli altri fuggitivi. I suoi folli piani furono sventati da Darg che purtroppo ci rimise la vita. Nel tentativo di sottrarre le monete a Sturm mentre questi dormiva, Kurt era stato intercettato dal vigile Dargouwf. Dapprima Kurt tentò di portarlo dalla sua parte, promettendogli una vita migliore sulle Whalebones ma Darg non era tipo da convincere tanto facilmente. Vantava una coriacea lealtà. Così ne seguì una violenta colluttazione in cui tutti si svegliarono ma non si intromisero.
Kurt ne uscì vincitore, rialzandosi da sopra il cadavere di Darg. Il pugnale di pietra conficcato in profondità nella carotide.
Ffolk non ebbe più dubbi. Aveva perso due validi uomini.

Dargouwf venne sistemato nei migliori dei modi, facendogli stringere al petto la spada e l'arco che era riuscito a procurarsi durante la fuga. Legati torace e caviglie all'estremità di un paio di assi di legno messi assieme venne calato in mare e lì lasciato andar via, accompagnato dall'ondeggiare placido delle acque, fino a sparire all'orizzonte.

Poi venne il turno del prigioniero e di Kurt. Al prigioniero venne praticato un taglio al petto e uno alla coscia così da attirare i figli prediletti della Regina dei Mari, omaggiando loro e la dea stessa. Kurt venne legato al prigioniero stesso, mani e gambe. Intorno a loro una fune che tratteneva il sacchetto di monete radunato da Sturm.
Poi, ancora vivi, vennero gettati in mare, in profondità.
Il prigioniero urlava di paura, si dimenava. A onor di Kurt va precisato che continuò a imprecare maledizioni finchè l'acqua non lo inghiottì del tutto.

Bollicine salirono in superficie, poi più nulla.
Il dazio era stato pagato.
«E ora bisogna vedere se è stato abbastanza»

[*Cit. Giulio Cesare]
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#6
VI

La burrasca li colse del tutto impreparati. La drakkar fu fortemente sballottata dalle onde, tenersi aggrappati al cordame dell'imbarcazione senza cadere in acqua fu difficilissimo. Più volte qualcuno del gruppo fu sul punto di finire fuori bordo, solo l'esperienza e la forza della disperazione consentirono ai fuggitivi di rimanere sulla drakkar.

Non si resero conto di quanto durò l'ennesima tempesta. Ma si resero conto, con afflizione, che le poche scorte di cibo e acqua potabile che erano riusciti ad imbarcare erano andate perdute. Un'ulteriore offerta forzata. Ma infondo Sturm sapeva che gli Æsir più turbolenti, le Furie, erano anche le più capricciose. A loro andavano elargite le più disparate offerte, in cambio essi rispondevano con i loro favori. Favori interpretati secondo il loro umore, costantemente in mutamento, come il vento in tempesta.
Quella, secondo Sturm, era la loro risposta: la furia della natura che stava permettendo un periglioso avvicinamento alle coste del Faerun.

Quando poi tutto si placò l'imbarcazione proseguì verso est. Le vele erano andate perdute, i lembi di stoffa strappata penzolavano in assenza di vento, o sventolavano impotenti ad ogni lieve folata . L'albero maestro era stato brutalmente spezzato, tramutandosi in un ulteriore pericolo per i passeggeri della drakkar. In mezzo alla nave ora vi era un palo acuminato dove sarebbero potuti finire infilzati se solo non fossero stati attenti.
In assenza di alternative e col morale a terra non poterono far altro che vogare. Vogare a ritmo, intonando canti ruathen, come erano soliti fare durante le spedizioni di razzie.
Le difficoltà erano ancora lontane dal terminare.

Erlend, un tipo taciturno dalla carnagione diafana, indicò davanti a sè: «Ho visto qualcosa che usciva dall'acqua!» tutti si concentrarono assottigliando lo sguardo per guardarsi intorno, diminuendo il ritmo di vogata.
«Sarà una sirena che dite?»
«Lo fosse stato adesso non staremmo qui a chiedercelo»
«Forse era solo un tonno»
«No no, era una pinna. Eccola! Eccola di nuovo!»
«Rimaniamo calmi. Ritirate i remi e aspettiamo un pò prima di riprendere. Riposatevi. Per quel che vale»

«Erlend. Forse prima hai avuto qualche allucinazione. Non era una pinna ma una nave, guardate laggiù»
Sturm era in piedi, con un piede poggiato al bordo dello scafo. Si tratteneva al cordame, sporgendosi in avanti per guardare meglio. L'altra mano sul volto, a schermare gli occhi dalla forte luce emanata dal sole.
Tutti si alzarono per osservare.
«Riesci a vedere che bandiera batte?» il tono di Ffolk tradiva un certa preoccupazione. Sturm lo capiva. Tutti capivano. C'era il generale timore che potesse essere una nave pirata di Luskan.
«No, non riesco a distinguere niente. Di sicuro è una grande nave, più grande della nostra»
«Ci fosse stato Darg, maledizione»
«Che facciamo?»
«Aspettiamo»

Il culmine dell'attesa fu un disastro.
Arresisi alla realtà dei fatti gli otto ruathen fuggitivi attesero. Non aveva senso fuggire remando. Aveva senso attendere e in caso andare incontro alla morte combattendo un ultimo estremo duello.
Il fato, o la Morrighan, come sosteneva Sturm, da un lato li premiò. Difatti l'imbarcazione che stava avvicinandosi innalzò la bandiera recante il simbolo di un grande occhio piangente.
«Eiggerstor» pronunciò speranzoso Ffolk in illuskan.
«Che?»
«Neverwinter»
Era un brigantino che sferzava con velocità le acque marine. Di lì a breve li avrebbe raggiunti.

Quindi emerse il lato negativo della situazione. Presi com'erano dall'avvicinarsi del brigantino nessuno degli otto ruathen si accorse effettivamente delle tre pinne che, zigzagando, si stavano avvicinando alla drakkar.
Il colpo improvviso che subì la già martoriata imbarcazione ruathen fu talmente violento che la drakkar si spaccò a metà, in un turbinio di schegge di legno.
Tutti finirono in acqua.
Sturm riemerse scuotendo la testa per riprendersi da quel momento di totale sorpresa, gli occhi gelidi sgranati. Aveva intuito cosa stava per succedere. "Erlend aveva ragione per la Morrighan! Da quanto tempo ci stavano seguendo?"
«Verso la nave! Verso la nave! Nuotate se volete vivere!» come sempre era Ffolk a riportarli alla realtà e a spronarli. Le gare di resistenza e di nuoto avrebbero dato i loro frutti.

In otto nuotarono contro il brigantino, in quel momento unico faro di salvezza. Ma solo in cinque riuscirono ad arrivare.
Durante quelle che sembravano interminabili bracciate Sturm potè udire dietro di sè le urla di coloro che vennero raggiunti dalle temibili fauci dei tre squali. Attanagliati e poi portati in profondità.
I polmoni bruciavano come non mai. Macchie nere, pulsanti, comparirono ai bordi della visuale che si faceva sempre più sfocata. Il fiato era sempre più corto. L'incitamento degli uomini sul brigantino sempre più lontano. Le orecchie fischiavano. Hela gli stava alitando la sua essenza di morte sul collo.

Quando Sturm raggiunse il ponte dell'imbarcazione si lasciò cadere a terra esausto, completamente bagnato. Vomitò acqua e bile. Vicino a lui Ffolk, Erlend e solo altri due di loro, nel medesimo stato. Cinque in tutto.
Mentre riprendeva fiato con ampie boccate, lo sguardo rivolto verso il cielo limpido e l'ampio petto che s'alzava e s'abbassava in un ritmo frenetico, si accorse di avere intorno alle spalle e al torace una lunga corda che sfregava sulla sua pelle. All'estremità c'era qualcosa legato. Non fece in tempo a capire cosa fosse che diverse lame vennero puntate su di lui e i suoi compagni di fuga.
«Il Capitano Morgan vi da il benvenuto sulla Maelstrom» fu la divertita accoglienza della donna pirata che giunse svettando tra loro.
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Ffolk si lasciò sfuggire una risata breve e rauca. Sturm rise insieme a lui.
Quant'erano capricciosi la Morrighan e le Furie.
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#7
VII

Una volta ripreso seppe cosa c'era legato all'estremità della corda: una mano tranciata, chiusa a pugno ad eccezione del dito medio rimasto disteso e ben rigido. Ultimo lascito di Kurt.
Effettivamente era stato chiaro:« Potete anche uccidermi! Sacrificarmi! Ma io vi porterò addosso la morte anche una volta che sarò la infondo! E sarà una morte di sofferenza e ahhhh!!! Blblblblblbl!!!»
Il bastardo era riuscito a liberarsi in parte prima di essere finito sbranato da chissà quale animale, o prima di morire affogato. La sua mano aveva lasciato una scia di sangue che aveva attirato gli squali.
Sturm gettò la mano in mare imprecando.

Uno alla volta, tutti e cinque, vennero condotti nel gabbiotto del Capitano Morgan per un interrogatorio. In realtà quella che a prima vista gli era sembrata una donna era in realtà una mezzelfa. L'orecchio leggermente appuntito che si intravedeva da sotto i capelli decretava la sua natura. Una mezzelfa che dato l'aspetto ne aveva passate di nude e di crude.

«Come ti chiami ammasso di manzo?»
«Sturm»
«Sturm. Ardito come nome. Sei un ruathen anche tu?»
«No, solo Sturm»
«No, certo. Come gli altri»

Gli si avvicinò, girandogli poi intorno, valutandolo. Gli tastò le spalle e diede dei rovesci lungo le braccia e le gambe. Lei aveva una benda che le copriva un occhio. L'altro era bellissimo, chiaro, emanava una luce di desiderio e pericolosità. Una mano mancava, al suo posto c'era un uncino che in quel momento correva sull'ampio petto. Aveva una massa disordinata di capelli neri, alcune ciocche trattenute in lunghe fine trecce. Il corpo era tutta un'altra storia: affusolato, sodo, perfettamente aderente alle vesti che indossava. Era difficile che lo sguardo non cadesse ad indugiare tra il solco dei seni "Una sirena con le gambe. Senza un occhio. E senza una mano. Ma pur sempre una sirena".

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Il Capitano Morgan portò l'uncino al mento di Sturm facendogli alzare leggermente la testa. L'estremità acuminata, fredda e dannatamente appuntita, premeva proprio sotto il mento. Un singolo gesto fuori posto e sarebbe finito infilzato.

«Dunque Sturm. Hai dei progetti?» il sorriso del Capitano era qualcosa di sconcertante. Affilato, troppo pericoloso, e nonostante ciò capace di scatenare un subbuglio incredibile nel bassoventre del ragazzone.
«Rimanere in vita. Combattere. Seguire Ffolk»
«Ah sì, Ffolk. Gjorgul. L'altro manzo. Bene. Volete tutti la stessa cosa, ed io voglio una sola cosa da voi. Potrete rifocillarvi, niente rhum però, solo acqua. Dal momento che vi ho salvato la vita e che vi nutrirò voi combatterete per me. E lavorerete sulla nave. Qualsiasi cosa vi si chieda, o ordina di fare, voi lo fate, chiaro?»
Sturm potè solo sospirare ed annuire impercettibilmente.

«Se te lo stai chiedendo Sturm no, non sono l'unica donna sulla Maelstrom. C'è anche Bell de la Muerte. Ma potrai ben capire dal nome che è portata fondamentalmente a fare una cosa»
«Uccidere»
«Esattamente, Sturm. Esattamente»
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#8
VIII

~ Attualità ~

Erano trascorsi anni da quando aveva scoperto la verità su tutto. Verità che lo aveva condotto molti mesi dopo nelle Valli, in cerca di una famelica vendetta.
Aveva compiuto quella che per lui sarebbe stata una delle decisioni più sofferte di tutta la sua vita: dividersi da Ffolk e Erlend, gli unici che di quel lungo viaggio irto di ostacoli mortali erano riusciti a sopravvivere insieme a lui. Rappresentavano l'unico legame che gli era rimasto di Ruathym e lui, di propria volontà, aveva deciso di mozzarlo. Infondo, sia Ffolk che Erlend, si erano ampiamente abituati alla loro nuova vita.
Sturm no. Un tarlo nella mente gli si riproponeva troppo spesso perchè potesse reprimerlo, un pallino che aveva il potere di rendere amaro tutto, che scatenava nel suo animo un subbuglio omicida, turbolento, che ben conosceva: trovare e massacrare chi aveva distrutto la sua esistenza.

Ora si trovava sdraiato sulla propria branda, nella locanda dell'Occhio Vigile, ad Essembra. Diversi boccali erano stati svuotati e giacevano disordinatamente sul pavimento. Si sentiva la testa pesante, ciondolante, alquanto stordito dalla grande quantità di alcool ingurgitato. Era solito fare così quando pensieri fastidiosi gli ronzavano in testa. In quel caso erano fastidiosi per le scelte che aveva fatto, per come era apparso davanti ai suoi non più compatrioti. Ma c'era anche dell'ardore. Un ardore di semplice libidine.
Scosse il capo per colpa di una mosca che aveva cominciato a ronzargli intorno. Gli occhi socchiusi per la spossatezza della giornata.

Nella mente si arrovellavano immagini recenti. L'ultima cosa che si aspettava era di trovare altri ruathen lì, nell'entroterra più totale del Faerun. Ruathen di una abilità fuori dal comune che tutto sommato gli ricordavano l'immenso Ffolk, o il pacato Dargouwf.

L'ultimo conosciuto portava il nome di Kolbjorn. Aveva tutti i tratti perchè passasse per un tipico ruathen scontroso ma in lui c'era qualcosa di anomalo, di strano. Un palpabile alone di saggezza lo circondava. Sturm sapeva che di mezzo c'era la mano degli Æsir che avevano deciso che i due dovevano incontrarsi. C'era qualcosa di conciliante tra i loro due animi, qualcosa che ancora doveva venire a galla, che doveva maturare.
Bisognava pazientare.

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Poi c'era Fjolnir. Fjolnir figlio di Bjorful.
Un biondone dalla forza e una resistenza invidiabili, già conosciuto per buona parte delle Valli per il suo animo ardimentoso. Sturm sapeva che prima o poi si sarebbe dovuto misurare con lui. Non sapeva spiegarsi il perchè di quella sensazione. La sentiva e basta, come fosse un evento ineluttabile che prima o poi doveva avvenire, indifferentemente dal motivo, dal luogo o dalla situazione. In lui aveva rivisto la fermezza trascinatrice di Ffolk e la compostezza Dargouwf. Forse, per certi versi si era dimostrato anche troppo composto, totalmente fuori dalle righe, come aveva testimoniato il fatto che aveva giurato di proteggere una tregua per dei pelleverde.
C'era di peggio. Fjolnir non lo era. Tra tutte le stranezze che abitavano le Valli lui era quanto più ci fosse di normale.

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Infine veniva Aslaug Baciata dal Fuoco.
Tra i tre ruathen era stata la prima che aveva incontrato. Ed era stata lei ad avvicinarlo a Fjolnir prima e a Kolbjorn poi. Il suo aspetto selvaggio, e il suo portamento così spigliato avevano risvegliato brutalmente impetuose sensazioni in tutto il corpo.
Non c'era di mezzo solo fascino selvaggio, complici erano anche i ricordi. Aveva già conosciuto una ragazza simile che tuttavia aveva perso a causa di quella infamante condanna.
Aslaug era una cacciatrice esperta, indomita, precisa nel colpire quanto veloce nello scoccare. I suoi occhi erano perennemente attenti a qualsiasi cosa. Trasmettevano una furba pericolosità ed altri più ambigui e forse piacevoli intenti.
Amava qualsiasi cosa per lei rappresentasse una sfida, e come una degna ruathen, era attratta da tutto ciò che trasudava forza e bellezza, quasi fosse luce per una falena.
Per di più non le dispiaceva affatto farsi ammirare in un pò tutte le sue forme.
Nonostante i suoi modi gretti e mascolini possedeva un volto da definire quasi incantevole. Selvaggiamente incantevole. Come la cicatrice del morso che si era procurata su una natica. O la cascata di rossi capelli che le ricadevano sulle spalle.
Di lei tuttavia sapeva poco e niente. Giusto qualche frammento sul suo passato che le aveva permesso di raggiungere il Faerun con Fjolnir a farle da guardaspalle. E proprio come Fjolnir anche lei aveva una reputazione che la precedeva di gran lunga.
Fu comunque per intercessione della Baciata dal Fuoco che Sturm potè essere introdotto al cospetto della neonata compagnia mercenaria delle Lame d'Argento.
Un evento quello, secondo Sturm, degno di nota. Un punto di svolta.

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Alla fine il sonno vinse su Sturm che si accasciò di lato sulla branda, ronfando rumorosamente. Prima che tutto si fece buio rivide il caldo e soffocante vapore di un'ampia stanza. Una larga vasca ricolma d'acqua. Una figura seminuda al centro di essa.
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#9
IX

«Dunque signori miei! Ancora poche decine di minuti e saremo accostati alla nostra preda. State pronti con i rampini e le passerelle. Anche quest'oggi i Ruathen ci apriranno gentilmente la strada. Senza ovviamente togliere nulla a te mia dolce de la Muerte» il Capitano Morgan, nonostante avesse saputo parte della loro storia, provava uno strano gusto personale nel definirli ancora ruathen. Il suo tono, così come il suo attento sguardo, mutava in uno più meschino e provocatorio.
Erano tutti accovacciati dietro la balaustra di spesso legno di quercia. Tutti in rigoroso silenzio, con le armi sguainate, pronti per un violento e veloce arrembaggio.

Il bersaglio era un altro brigantino che fungeva da mercantile: l'Albatros. Il suo capitano, un tale di nome Roland, era un uomo molto ardito, che sfidava il Mare Senza Tracce senza l'ombra di una scorta. Il Capitano Morgan aveva sentito dire che era sorprendentemente ricco, che avrebbe potuto permettersi addirittura un galeone armato di tutto punto con innovative macchine da guerra naniche e gnomesche, ma che, nonostante il suo proficuo fatturato, preferisse percorrere le sue rotte con quel brigantino solitario, sguarnito di qualsivoglia protezione.

Il Capitano Morgan aveva deciso che era l'ora di accaparrarsi il bottino del capitano Roland. Aveva seguito una rotta specifica affinchè potesse riuscire ad intercettarlo.

«Mi raccomando Sturm, come l'ultima volta, tieniti dietro di me e Erlend. Abbatti chiunque riesca a passare tra le fila. Come un muro di scudi, chiaro? Carichiamo, combattiamo, trasciniamo nella folla. Trucidiamoli» Ffolk non tradiva alcuna agitazione, anzi, era chiaro fremesse dalla voglia di far piombare il suo nuovo martello a stampo rettangolare sulle costole o la testa di qualche sfortunato. Erlend si era rasato il capo ai lati, a pelle, lasciando un ciuffo ribelle e selvaggio nel bel mezzo del capo. Una belle cresta da gallo cedrone.

Poco più in là rispetto a loro, Bell de la Muerte affilava la sua micidiale ascia bipenne. Era una mezzorca slanciata, più alta di Ffolk. Temibile quanto lui. Aveva svariate cicatrici, una peculiare sul volto che le attraversava per verticale lo zigomo destro, fin sopra l'occhio. Sturm la fissò e lei parve percepirlo poichè alzò quel suo sguardo da predatore, puntandolo di rimando contro di lui. Aveva due occhi quasi del tutto bianchi. Il volto verdastro presentava un semplice tatuaggio tribale rosso, in diagonale, stilizzato poco prima con del sangue nemico mantenuto liquido.
Sturm deglutì. Quell'orchessa doveva essere una prescelta di Hela.
Scosse il capo, sospirando e attese che la Maelstrom si avvicinasse ancora all'Albatros.

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Il Capitano Morgan era in piedi, insieme a pochi altri brutti ceffi, dall'espressione stanca e annoiata. La donna capitano dava le spalle al resto della ciurma nascosta, stava ritta con le mani ai fianchi, la splendente scimitarra appesa tranquillamente al fianco, in rigorosa tenuta da corsaro. Aveva dato ordine di innalzare la bandiera con le effigi di Waterdeep non appena ebbe avvistato il bersaglio. L'Albatros aveva rallentato la sua andatura.


«State pronti» mormorarono tra loro i membri dell'equipaggio della Maelstrom.
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#10
X

L'arrembaggio era stato fin troppo facile. Ffolk e Bell de la Muerte sembravano fare a gara a chi falciasse più nemici. La ciurma aveva invaso l'imbarcazione avversaria, sfondando le deboli linee nemiche e fiondandosi nei piani più bassi dell'Albatros
Fu una vera e propria mattanza per i loro nemici. Tuttavia del capitano Roland non c'era traccia.
Il capitano che Bell aveva portato al cospetto del Capitano Morgan non era quello che quest'ultima si aspettava di vedere. Aveva dinanzi a sè uno sconosciuto. Era così indignata il Capitano Morgan da quella che reputava una presa in giro, ed una totale mancanza di rispetto ad un famigerato pirata come lei, che incaricò Sturm di mozzare la testa a quel rifiuto umano.
Nulla che il ragazzone non avesse già fatto.
La testa volò via, mozzata, rotolando poi sul pontile insanguinato dell'Albatros.

Il tutto si svolgeva mentre, più in basso nella stiva, le squadre di Ffolk e Bell erano incappate in alcuni gabbiotti metallici, chiusi ed incredibilmente resistenti. Non riuscivano a sfondarli.
Fanderron, un nano della ciurma, esperto di lucchetti e serrature, a sua detta eccelso e impareggiabile scassinatore, aveva fallito più di una volta, gettando via i suoi fidi arnesi.
Quei gabbiotti avevano attirato l'attenzione di tutta la ciurma ma il Capitano Morgan si ravvide dallo scendere fin laggiù.
«Saranno le cassaforti di Roland, ci scommetto, arh!»

Una scommessa destinata a perdere.
L'osservatore, dall'alto dell'albero maestro emise un acuto e lungo fischio. Il segnale d'allarme! 
Sturm, insieme al Capitano Morgan alzò il capo per volgere lo sguardo verso l'osservatore. Questi indicava a sud, oltre la poppa dell'Albastros, a diverse leghe di distanza. 
Un'altra nave stava comparendo, materializzandosi nel mare come se fosse stava evocata da un portale magico. Un brigantino identico a quello che avevano assaltato poco prima.
«Fetenti ! Era un'esca, una dannata esca! Quella è la vera Albatros! Richiamate la ciurma forza! Svolgete le vele! Via le passerelle, sganciate i rampini! Richiamate gli uomini in stiva, ritorniamo sulla Maelstrom, fooooorza!!!»

Al contempo, di sotto, i gabbiotti avevano emesso un sinistro suono di sblocco. Ciò che ne uscì fu un vero e proprio incubo che gettò terrore su quasi tutti coloro che erano là sotto, speranzosi e frementi, fino a qualche attimo prima, di mettere le mani sull'oro che credevano si celasse dietro quelle porte di ferro rinforzate.
Da quelle che in realtà erano gabbie di contenimento si riversarono almeno due dozzine di lupi mannari.
Fanderron fu uno dei primi ad essere falcidiato da uno dei loro artigli. Ffolk e Bell riuscirono ad abbatterne alcuni ma la ressa e lo spazio ristretto limitavano di molto le loro abilità pertanto furono costretti a ritirarsi.

Sturm vide prima Erlend, scudo dietro la schiena, risalire dalle scale, e correre veloce, come non lo aveva mai visto fare, verso le funi lasciate appese durante l'arrembaggio. Spiccò un balzo incredibile, si aggrappò alla fune e con lo stesso slancio datosi dal salto ritornò fluidamente sulla Maelstrom. Ah, il silente e schivo Erlend. Nei momenti più estremi riusciva a mantenere un'estrema lucidità, muovendosi con decisione e risolutezza.
Poi venne il resto della ciurma che era sceso di sotto. O quel che ne rimaneva. Orth, uno dei cinque che era riuscito a scamparla dagli squali fu ignominiosamente ucciso calpestato dalla ressa che si era accalcata lungo le scale per risalire. Bell de la Muerte fece ben intendere che la Muerte non era destinata solo ai suoi nemici ma ben sì a chiunque le intralciasse il cammino. Uccise molti della sua stessa ciurma pur di farsi strada verso l'alto, verso la Maelstrom. Ffolk fece più o meno lo stesso. La sua mole gli consentì di afferrare alcuni di quei pirati terrorizzati e scaraventarli letteralmente più in basso, direttamente tra le grinfie del branco di mannari, aprendosi un varco per avanzare.

Sturm attese a ridosso della balaustra della finta Albastros l'arrivo di Ffolk e Genker. Quando vide Bell gli venne un groppo alla gola ma comunque le tese la mano. Questa lo ignorò completamente saltando direttamente da una nave all'altra con un grugnito. Sturm non osava immaginare cosa potesse essere a letto.
Fortunatamente gli altri due ruathen spuntarono poco dopo il balzo dell'orchessa. Il Capitano Morgan aveva già dato ordine di prendere la direzione del vento e allontanarsi il più velocemente possibile.

La Maelstrom si discostò dalla finta Albatros. Il Capitano Morgan dall'alto del suo ponte di comando osservava con sguardo torvo il pontile della nave avversaria, gremita di mannari intenti ad inseguire gli sfortunati della ciurma rimasti li sopra. Alcuni si gettarono in mare nel disperato tentativo di fuggire dalla sorte animalesca che li spettava.
Più in fondo, all'orizzonte, la vera Albastros avanzava a gonfie vele, veloce, tagliando in due la superficie del mare. La Maelstrom non sarebbe andata troppo lontana prima di essere raggiunta, speronata e poi assaltata.

Era giunto il momento di giocare una delle carte migliori.
«Scateniamo la Maelstrom
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