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Versione completa: [Aq/Q] il Papavero
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Poppy. Guardandola era comprensibile perché avesse scelto quel nome...Che fossero i fiori dal rosso scarlatto vivace, splendenti nella prima estate tra le spighe di dorato grano, o fossero quelli colorati di rosso, bianco, rosa usati per estrarre sostanze che scioglievano la mente e corpo, di sicuro i papaveri erano fiori appariscenti.

Così come lo era Poppy: capelli biondi a causa di qualche intruglio che vi applicava, ma che non poteva nascondere lo scuro castano del suo colore naturale, la fiamma rosso fuoco di un papavero fissato sopra l'orecchio destro, il viso pesantemente truccato, quel tipo di trucco che si realizza quando vuoi catturare l'attenzione di qualcuno…
Nemmeno il vestito sfugge a quella regola, appariscente lascia vedere quel che di buono ha il fisico da mostrare, strizza i fianchi e ne esalta le forme femminili, anche se lo scialle pesante in parte ne inficia il lavoro

Poppy "deve" fare buona impressione: ora le parole del locandiere assumono una lampante chiarezza, "trattare bene i clienti della sua locanda" evidentemente implica che il cliente non debba aver di che lamentarsi di quel che c'è nel boccale e nemmeno di chi lo accompagna di sopra nelle camere.

Poppy lavora li, in una camera dai letti che probabilmente non vengono rifatti poi così di frequente, dal pavimento macchiato dall'umidità e dalla muffa, dall'aria pesante e stantia.
Lei non lo dice chiaramente, ma il suo aspetto e i rumori, sospiri, gemiti che riecheggiano dalle altre stanze lo renderebbero evidente anche al più stolido degli imbecilli.

Edie vorrebbe chiedere, ma ha già le risposte, perché sa che Poppy è "anche" una maschera.
Ma il sapere non rende il sapore dolce amaro nella bocca meno intenso dopo averla salutata 


"Nessuna bellezza è perfetta, anche i papaveri sono macchiati di nero"
Ben più di una decade era passata ormai, anzi se ricordava con esattezza la data del loro incontro ormai erano passati trenta giorni.
Un tempo sufficiente per farle visita.


Si alzò al solito presto, salendo verso la Tavola del raccolto per le preghiere mentre il pallido sole invernale sorgeva gettando una luce rosata sui tetti delle case. Dentro di se non vedeva l'ora che le giornate si allungassero e la luce e il calore si facessero più sicuri e forti, spingendo gli esseri nati dal grembo della Madre ad uscire dalla lunga pausa dettata dall'inverno, ammettiamolo iniziava a stancarsi della lunga pausa invernale, voleva godere dei doni della Dea Dorata mentre lavorava con le sue Sorelle. Specialmente lei…ma intuiva che quello fosse un sogno ormai difficile da realizzare. Ma mai porre limiti alla generosità della Madre, chissà…


Trascorse il resto della mattinata nel piccolo cortile della locanda del Cervo.
L'oste aveva pensato ad abbellirla con qualche aiuola dove crescevano delle rose. Le piante erano cariche di gemme dal colore rossastro...man mano il sole le avesse scaldate si sarebbero gonfiate per poi generare nuovi rami, foglie e infine fiori dagli accesi colori e forte fragranze.
Tuttavia al suo occhio non scappava che dal terreno spuntavano anche i primi steli di artemisia, gramigna, digitaria e sembravano tutte ben decise a competere con le rose. Armatasi di pazienza iniziò a strappare una ad una le infestanti, con lentezza in modo da estirpare le lunghe radici. Forse avrebbe anche potuto farsi dare della paglia dal vicino stalliere, così da provvedere alla pacciamatura delle aiuole, avrebbe rallentato la rinascita delle malerbe e al contempo protetto le radici da qualche gelata tardiva...ma forse era meglio chiedere il permesso ad Holfast prima.

Fu solo dopo aver pranzato e acquistato una sorta di pane speziato impastato con miele e noci da portare con se, che si incamminò verso il quartiere nord.
Il mulino dominava il quartiere dall'alto della collinetta, ma per ora non era quella la meta...lo era invece una casa piuttosto piccola e poco appariscente vicino all'ingresso del quartiere.

Mentre alzava il pugno per bussare alla porta si ritrovò a non essere poi così certa del conto dei giorni. Le nocche sbatterono sul duro legno provocando un rumore secco...e si immaginò di disturbarla durante il "lavoro"


"Sono Edie…"